Federica Mogherini’s visit at EUNAVFOR MED Sophia vessel ITS San Giusto
La Valletta, 26 April 2017
Check against delivery!
First of all, I would like to thank the Maltese Presidency that accepted to organise this visit for all the EU Defence Ministers here to the flagship of Operation Sophia in Malta, at the beginning of our Informal Meeting of all Defence Ministers of the 28 [Member States].
This is a way of looking concretely at the work that the European Union Military Operation is doing in the Mediterranean. We got an extensive debrief from the Commander on how the operation is fulfilling its core mandate which is that of disrupting the business network of smugglers and traffickers at sea, but also how we are working on the two additional tasks in the mandate.
One is training the Libyan Coast Guards. We have already trained 93 Libyans and are now moving into the phase of providing them non-military assets to allow them to dontheir job in the territorial waters of Libya, so that the fight against smugglers can be more effective closer to the coast. And second, the implementation of the arms embargo of the UN Security Council Resolution 2292.
It was a very good beginning of our meeting tomorrow where we will discuss how to continue our common work. To me this is also a clear and very practical example of the fact that the European Union’s work, including on defence and military side, is already a reality.
Here you have the European flag, here you have 25 of the 28 Member States represented and working in one operation – as it is the case for all the other 15 operations and missions the European Union has around the world. This means the European Union is more and more also an actor in the security field and our partners around the world recognise this as an added value. In particular because we have a special way of dealing with security which mixes the hard power, but also the humanitarian angle, and the first priority we have, which is to human rights and protection of people.
Q. What do you think of Malta’s recent proposal that will basically mean that EU member states will get paid € 60 000 for every refugee they take in? Do you consider this to be some sort of placing a price tag on human rights?
That doesn’t concern at all the work we are doing at sea or on the military or defence.
Q: It’s related to defence…
No, this is related to the internal aspects of our way to manage the refugee or the migratory flows in this case. And I’m not commenting on that.
Q: Can you explain which kinds of assets you will give to the [Libyan] coastguards? Do you have some examples?
Yes, for instance ships that at sea can provide the capacity to the Libyan coastguards to operate in the territorial waters. So, it is very simple: non-military assets that would allow them simply to monitor what happens in the waters or to save lives. We know very well that the majority of the losses of lives now happens closest to the Libyan coast and so providing them the vessels that would allow them to move and monitor the waters is an essential part of our work.
It has also an additional positive element: security of the Libyan waters would also mean more possibilities for the fishermen of Libya to go out and fish and in this way provide an economic revenue – legal and sustainable economic revenue – that would be an alternative and would help to disrupt the business of smuggling and trafficking; we know very well part of the Libyan revenues is coming from the human trafficking and smuggling.
So, it will also going to have another positive effect – that of strengthening the capacity of Libyans to fish in secure waters and in this way providing an alternative economy to them.
Buonasera, per Rai News, se ci riassume anche in italiano.
Abbiamo deciso di iniziare questa riunione informale dei ministri della difesa dei 28 Stati membri dell’ Unione europea qui, sotto la presidenza maltese, con una visita sulla San Giusto, la nave che guida l’operazione Sophia dell’Unione europea che nel Mediterraneo contrasta i trafficanti di essere umani e salva anche vite umane. E’ stata un’occasione per mostrare ai ministri di tutti gli Stati membri le operazioni, avere un quadro dei resultati già raggiunti: più di 100 sospetti trafficanti consegnati alle autorità italiane, centinaia e centinaia di imbarcazioni neutralizzate, più di 35.000 vite salvate. E anche di toccare con mano le sfide che sono davanti a noi. Tra i resultati raggiunti c’è nche, molto importante, il training che abbiamo completato per 93 guardiacoste libici. In collaborazione soprattutto con le autorità italiane, provvederemo anche a fornire alle autorità costiere libiche imbarcazioni che potranno consentirgli di monitorare le acque territoriali libiche, e in questo modo renderle più sicure, di contrastare il traffico di esseri umani, salvare vite umane, là dove in questo momento ce n’è più bisogno e cioè appunto nelle acque territoriali libiche.
E’ un risalutato importante, là dove l’Italia era sola qualche anno fa, oggi c’è tutta l’Unione Europea: a salvare vite, a contrastare trafficanti, e a lavorare insieme a stretto contatto con le autorità libiche.
Si è parlato tanto in questi giorni di pull factor, non soltanto per gli assetti militari europei di Frontex, ma soprattutto per la presenza delle ONG. Però c’è anche un’altra realtà sulla quale forse l’Europa dovrebbe intervenire, ovvero il push factor?
Noi lavoriamo soprattutto sulle ragioni che spingono madri, bambini, giovani a lasciare il proprio paese. Sono ragioni legati ai conflitti, sono ragioni legati a situazioni economiche, a violazioni dei diritti umani in alcuni casi, al cambiamento climatico che provoca carestie. Questo è il principale lavoro che l’Unione europea sta facendo in partenariato con i paesi d’origine e con i paesi di transito, in particolare con i paesi africani. E’ un lavoro che abbiamo iniziato da un anno e mezzo, che sta iniziando a portare i primi resultati, penso soprattutto al Niger, dove il transito di migranti è drasticamente diminuito da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme alle autorità del paese. Questo è il principale fronte di lavoro perché il fenomeno è globale, non si risolve della mattina alla sera e soprattutto non si risolve unicamente in mare. Si risolve a terra, si risolve prima che le persone decidano di partire. Io dico spesso: se una madre decide di imbarcarsi in un viaggio attraverso il deserto e un mare pericoloso, nelle mani di trafficanti che riducono queste persone in schiavitù, non c’è pull factor che tenga- è il push factor che è quello che è determinante. Dopodiché è anche importante garantire una presenza in mare che possa salvare vite. Io mi rifiuterò sempre di considerare “pull factor” il salvare vite umane. Noi italiani abbiamo visto anni fa il dramma di centinaia e centinaia di persone morire nel canale di Sicilia. In quel momento abbiamo provato vergogna come Europei. Io sono orgogliosa di un’Europa che salva vite. Mi rifiuto di considerare questo un pull factor. Dopodiché la vera risposta è eliminare e ridurre le cause che spingono nella disperazione alle migrazioni